26 dicembre 2009

27 DICEMBRE 2009

Domenica dopo il Natale
Ss. Giuseppe, sposo della Vergine, Davide re e Giacomo fratello di Dio
S. Stefano protomartire e arcidiacono

PRIMA ANTIFONA

Exomologhìsomè si, Kìrie, en òli kardhìa mu, dhiighìsome pànda ta thavmasià su.

SECONDA ANTIFONA

Makàrios anìr o fovùmenos ton Kìrion; en tes endolès aftù thelìsi sfòdhra.

Sòson imàs, Iiè Theù, o ek Parthènu techthìs, psàllondàs si. Allilùia.

TERZA ANTIFONA

Ipen o Kìrios to Kirìo mu: kàthu ek dhexiòn mu èos anthò tus echthrùs su ipopòdhion ton podhòn su.

I Ghènnisis su, Christè o Theòs imòn, anètile to kòsmo to fos to tis gnòseos; en aftì gar i tis àstris latrèvontes ipò astèros edhidhàskondo se proskinìn ton Ilion tis dhikeosìnis, ke se ghinòskin ex ìpsus Anatolìn, Kìrie, dhòxa si.

ISODHIKON

Ek gastròs pro Eosfòru eghennisà se; òmose Kìrios, ke u metamelithìsete: Si i Ierèfs is ton eòna, katà tìn tàxin Melchisedhèk.

Sòson imàs, Iiè Theù, o ek Parthènu techthìs, psàllondàs si. Allilùia.

TROPARI

Della Domenica: Ton sinànarchon Lògon Patrì ke Pnèvmati, ton ek Parthènu techthènda is sotirìan imon, animnìsomen pistì ke proskinìsomen; òti ivdhòkise sarkì, anelthìn en to stavrò, ke thànaton ipomìne, ke eghìre tus tethneòtas, en ti endhòxo Anastàsi aftù.

Della festa: I Ghènnisìs su …

Dei Santi: Evanghelìzu, Iosìf, to Davìd ta thàvmata to Theopàtori. Parthènon ìdhes kioforìsasan, metà pimènon edhoxològhisas, metà ton màgon prosekìnisas, dhi’Anghèlu chrimatisthìs. Ikèteve Christòn ton Theòn sothìne tas psichàs imòn.

Di S. Stefano: Vasìlion dhiàdhima estèfthi si korifì, ex àthlon on ipèminas ipèr Christù tu Theù, Martìron protòathle: si gar tin Iudhèon apèlenxas manìan, ìdhès su ton Sotìra tu Patròs dhexiòthen. Aftòn un ekdhisòpi aì ipèr ton psichòn imòn.

Della titolare della Parrocchia: En ti ghennìsi tin parthenìan efìlaxas, en ti kimìsi ton kòsmon u katèlipes, Theotòke. Metèstis pros tin zoìn, Mìtir ipàrchusa tis zoìs ke tes presvìes tes ses litrumèni ek thanàtu tas psichàs imòn.

Kontàkion: I Parthènos simeron ton iperùsion tìkti, ke i ghi to spìleon to aprosìto prosàghi. Àngheli metà pimènon dhoxologùsi; Màghi dhe metà astèros odhiporùsi: dhi’imàs gar eghennìthi Pedhìon nèon, o pro eònon Theòs.

TRISAGHION

Osi is Christòn evaptìsthite, Christòn enedhìsasthe. Allìluia.

EPISTOLA (Atti 6,8-7,5.47-60)

In quei giorni, Stefano pieno di grazia e di fortezza, faceva grandi prodigi e miracoli tra il popolo. Sorsero allora alcuni della sinagoga detta dei “liberti” comprendente anche i Cirenei, gli Alessandrini e altri della Cilicia e dell’Asia, a disputare con Stefano, ma non riuscivano a resistere alla sapienza ispirata con cui egli parlava. Perciò sobillarono alcuni che dissero: “Lo abbiamo udito pronunziare espressioni blasfeme contro Mosè e contro Dio”. E così sollevarono il popolo, gli anziani e gli scribi, gli piombarono addosso, lo catturarono e lo trascinarono davanti al sinedrio. Presentarono quindi dei falsi testimoni, che dissero: “Costui non cessa di proferire parole contro questo luogo sacro e contro la legge. Lo abbiamo udito dichiarare che Gesù il Nazareno distruggerà questo luogo e sovvertirà i costumi tramandatici da Mosè”. E tutti quelli che sedevano nel sinedrio, fissando gli occhi su di lui, videro il suo volto come quello di un angelo. Gli disse allora il sommo sacerdote: “Queste cose stanno proprio così?”. Ed egli rispose: “Fratelli e padri, ascoltate: il Dio della gloria apparve al nostro padre Abramo quando era ancora in Mesopotamia, prima che egli si stabilisse in Carran, e gli disse: Esci dalla tua terra e dalla tua gente e va’ nella terra che io ti indicherò. Allora, uscito dalla terra dei Caldei, si stabilì in Carran; di là, dopo la morte del padre, Dio lo fece emigrare in questo paese dove voi ora abitate, ma non gli diede alcuna proprietà in esso, neppure quanto l’orma di un piede. Salomone poi gli edificò una casa. Ma l’Altissimo non abita in costruzioni fatte da mano d’uomo, come dice il Profeta: Il cielo è il mio trono e la terra sgabello per i miei piedi. Quale casa potrete edificarmi, dice il Signore, o quale sarà il luogo del mio riposo? Non forse la mia mano ha creato tutte queste cose?O gente testarda e pagana nel cuore e nelle orecchie, voi sempre opponete resistenza allo Spirito Santo; come i vostri padri, così anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete divenuti traditori e uccisori; voi che avete ricevuto la legge per mano degli angeli e non l’avete osservata”. All’udire queste cose, fremevano in cuor loro e digrignavano i denti contro di lui. Ma, Stefano, pieno di Spirito santo, fissando gli occhi al cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla sua destra e disse: “Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio”. Proruppero allora in grida altissime turandosi gli orecchi; poi si scagliarono tutti insieme contro di lui, lo trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo. E i testimoni deposero il loro mantello ai piedi di un giovane, chiamato Saulo. E così lapidavano Stefano mentre pregava e diceva: “Signore Gesù, accogli il mio spirito”. Poi piegò le ginocchia e gridò forte: “Signore, non imputar loro questo peccato”. Detto questo, morì.

VANGELO (Mt. 2,13-23)

I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finchè non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo”. Giuseppe destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Dall’Egitto ho chiamato il mio figlio. Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s’infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù, corrispondenti al tempo su cui era stato informato dai Magi. Allora si adempì quel che era stato detto per mezzo del profeta Geremia: Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande; Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più. Morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nel paese d’Israele; perché sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino”. Egli, alzatosi, prese con sé il bambino e sua ma-dre, ed entrò nel paese d’Israele. Avendo però saputo che era re della Giudea Archelào al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nelle regioni della Galilea e, appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: “Sarà chiamato Nazareno”.

MEGALINARIO

Megàlinon, psichì mu, tin timiotèran ke endhoxotèran ton àno Stratevmàton. Mistìrion xènon orò ke paràdhoxon: uranòn to spìleon; thrònon cheruvikòn tin Parthènon; tin fàtnin chorìon en o aneklìthi o achòritos Christòs o Thèos; on animnùndes megalìnomen.

KINONIKON

Lìtrosin apèstile Kìrios to laò aftù. Allilùia.

Al posto di “Idhomen to fos…” si canta:

I Ghènnisìs su…

Al posto di “Ii to ònoma…” si canta:

Christòs ghennàte dhoxàsate; Christòs ex uranòn, apandìsate; Christòs epì ghis, ipsòthite. Àsate to Kirìo, pàsa i ghi, ke en effrosìni animnìsate, laì, oti dhedhòxaste.

Commento al Vangelo:

Anche la fuga in Egitto, che poteva essere solo un rifugio temporaneo verso le vicine frontiere meridionali, è letta alla luce di un passo di Osea: “Quando Israele era giovinetto, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio”. Questo testo si riferisce alla liberazione del popolo d’Israele dalla schiavitù dell’Egitto. Per Osea, la vera storia di Israele comincia con l’uscita dall’Egitto, e Gesù è presentato da Matteo come colui che attua di nuovo nella sua vita le fasi storiche d’Israele, egli è infatti il nuovo Israele. La strage dei bambini di Betlemme corrisponde alle numerose uccisioni che hanno accompagnato il regno di Erode, particolarmente sensibile alla tutela del suo potere e attento a ogni notizia di eventuali pretese o usurpazioni. Ma l’evangelista citando Geremia, mostra che anche attorno a Gesù si sta attuando una vicenda di morte e di vita, così come era accaduto nella storia di Rachele, considerata come la madre di Israele che piange le vittime del suo popolo. Geremia è citato per l’evidente parallelismo fra il pianto di Rachele e il pianto delle madri, ma se leggiamo tutto il contesto, Geremia non parla di pianto, ma di consolazione: la salvezza è vicina, il Signore è tornato a liberare e a salvare il suo popolo. È la sorprendente storia di Gesù: cercato dai Magi e rifiutato da Erode, egli è in cammino verso la croce, che non è la sua fine ma il suo trionfo. È un altro aspetto del mistero di Cristo: la potenza è nascosta nella debolezza. Con questo racconto si chiude il Vangelo dell’infanzia. Matteo, fedele al suo pro-gramma narrativo, già chiarito con la genealogia, che aveva lo scopo di dimostrare che Gesù appartiene al popolo della promessa di Abramo e alla stirpe promessa di Davide, l’evangelista ci presenta il ruolo fondamentale ricoperto da Giuseppe: egli funge da vero custode della Santa Famiglia, ponendo la propria esperienza e disponibilità al servizio del piano divino, che gli fu rivelato di volta in volta attraverso il sogno. Giuseppe, sull’esempio del grande patriarca Abramo, custodisce il figlio della promessa, il figlio amatissimo, anche se non suo. È un’esperienza che lo rende a tutti gli effetti modello per la paternità umana, fatta di lavoro e di semplicità, di affetto e di dedizione, di rispetto e di silenzio, di fede e d’abbandono al Signore.

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