6 marzo 2010

07 MARZO 2010
III Domenica di Quaresima – Dell’Adorazione della Croce

Si fa precedere la Divina Liturgia di S. Basilio il Grande dall’Adorazione della preziosa e vivificante Croce, portata processionalmente dal celebrante, affinché prendiamo lo stimolo a proseguire nelle austerità quaresimali.

PRIMA ANTIFONA

Esimiòthi ef’imàs to fos tu prosòpu su, Kìrie; èdhokas evfrosìnin is tin kardhìan mu.

SECONDA ANTIFONA

Idhòsan pànta ta pèrata tis ghis to sotìrion tu Theù imòn.

Sòson imàs, Iiè Theù, o anastàs ek nekròn, psàllondàs si: Allilùia.

TERZA ANTIFONA

Ipsùte Kìrion ton Theòn imòn ke proskinìte to ipopodhìo ton podhòn aftù, oti àghios estì.

Sòson, Kìrie, ton laòn su ke evlòghison tin klironomìan su; nìkas tis ierèvsi katà varvàron dhorùmenos, ke to son filàtton dhià tu Stavrù su polìtevma.

TROPARI

Della Domenica: Katèlisas to Stavrò su ton thànaton; inèoxas to listì ton Paràdhison; ton Mirofòron ton thrìnon metèvales, ke ti sis Apostòlis kirìttin epètaxas: òti anèstis, Christè o Theòs, parèchon to kòsmo to mèga èleos.

Della festa: Sòson, Kìrie…

Della titolare della Parrocchia: En ti ghennìsi tin parthenìan efìlaxas, en ti kimìsi ton kòsmon u katèlipes, Theotòke. Metèstis pros tin zoìn, Mìtir ipàrchusa tis zoìs ke tes presvìes tes ses litrumèni ek thanàtu tas psichàs imòn.

Kontàkion: Ti ipermàcho stratigò ta nikitìria, os litrothìsa, ton dhinòn evcharistìria, anagràfo si i pòlis su, Theotòke. All’òs èchusa to kràtos aprosmàchiton, ek pandìon me kindhìnon eleftèroson, ìna kràzo si: Chère, Nimfi anìmfevte.

TRISAGHION

Ton Stavròn su proskinùmen, Dhèspota, ke tin aghìan su Anàstasin dhoxàzomen.

EPISTOLA (Eb. 4,14-5,6)

Fratelli, poiché abbiamo un grande sommo sacerdote, che ha attraversato i cieli, Gesù, Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della nostra fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno. Ogni sommo sacerdote, preso fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. In tal modo egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anch’egli rivestito di debolezza; proprio a causa di questa anche per se stesso deve offrire sacrifici per i peccati, come lo fa per il popolo. Nessuno può attribuire a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne. Nello stesso modo Cristo non si attribuì la gloria di sommo sacerdote, ma gliela conferì colui che gli disse: Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato. Come in un altro passo dice: Tu sei sacerdote per sempre, alla maniera di Melchìsedek.

VANGELO (Mc. 8,34-9,1)

Disse il Signore: “Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e dell’evangelo, la salverà. Che giova infatti all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima? E che cosa potrebbe mai dare un uomo in cambio della propria anima? Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi”. E diceva loro: “In verità vi dico: vi sono alcuni qui presenti, che non morranno senza aver visto il regno di Dio venire con potenza”.

MEGALINARIO

Epì si chèri, kecharitomèni, pàsa i ktìsis, anghèlon to sìstima ke anthròpon to ghènos, ighiasmène naè ke paràdhise loghikè, parthenikòn kàvchima, ex is Theòs esarkòthi ke pedhìon ghègonen o pro eònon ipàrchon Thèos imòn. Tin gar sin mìtran thrònon epìise ke tin sin gastèra platitèran uranòn apirgàsato. Epì si chèri, kecharitomèni, pàsa i ktìsis. Dhoxa si.

MEGALINARIO DI SAN BASILIO IL GRANDE

Tòn uranonfàndora tu Christù, mìstin tu Dhèspotu tòn fostìra tòn fainòn tòn ek Kesarìas ke Kappadhòkon chòras, Vasìlion ton mègan, pàndes imnìsomen.

KINONIKON

Esimiòthi ef’imàs to fos tu prosòpu su, Kìrie. Allilùia.

Al posto di “Idhomen to fòs…” e “Ii to ònoma…” si canta:

Sòson, Kìrie…

OPISTHAMVONOS

Radunatici per tua grazia nel tuo sacro tempio noi peccatori e indegni tuoi servi, o Signore Dio nostro, senz’avere alcun bene da offrire a te, che non hai bisogno dei nostri beni, presentiamo la contrizione del cuore e l’umiliazione dello spirito per implorare dalla tua bontà il perdono dei nostri peccati. Accogli pertanto l’umile nostra preghiera come un giorno non disprezzasti il pubblicano che si umiliava davanti a te e che tu rimandasti purificato, a differenza del Fariseo giustificantesi da se stesso. Signore, tieni lontano dalla nostra lingua la superbia e la millanteria di costui, e dai nostri cuori la stima di noi stessi. Concedici come al pubblicano la compunzione e l’umiltà che a te ci avvince, tu che esalti gli umili e umilii i superbi, e nel regno dei cieli donaci di godere della beatitudine promessa ai poveri di spirito. Per la misericordia dell’Unigenito tuo Figlio col quale sei benedetto insieme con il santissimo, buono e vivificante tuo Spirito, ora e sempre, e nei secoli dei secoli.

Commento al Vangelo:
All'annuncio della passione segue un invito ai discepoli. Qui Marco riunisce tematicamente una serie di detti isolati di Gesù riguardanti il discepolato. Il discepolo deve "rinnegare" se stesso, deve cioè accettare a differenza di Pietro, il progetto messianico di Cristo, capovolgendo in tal modo l'immagine di Dio che si è costruito e convertendo radicalmente le speranze che ha coltivato. Il discepolo deve progettare l'esistenza in termini di donazione, non di possesso. Gesù non comanda la rinuncia alla vita (a questa vita per averne un'altra), ma esige che si cambi il progetto di questa vita: non rinuncia alla vita, ma la progettazione di essa nella linea dell'amore. Nessuna opposizione fra anima e corpo, spirito e materia: l'opposizione è fra il progetto dell'uomo e il progetto di Dio, fra due modi possibili di condurre l'esistenza. Non è in gioco una vita al posto di un'altra, e la scelta non è semplicemente fra la vita presente e quella futura. È in gioco tutta l'esistenza, e la scelta è fra una vita "piena" e una vita "vuota". Ci si può giocare l'esistenza puntando sul possesso, nella logica dell'avere sempre più; oppure ci si può giocare l'esistenza puntando sulla solidarietà, secondo la logica del discepolo. "Che giova all'uomo... se poi perde la propria anima?": queste parole di Gesù significano che esiste una fase escatologica dell'esistenza umana e che nessun sacrificio è troppo grande ai fini di raggiungerla. "Chi si vergognerà di me davanti a questa generazione": Gesù richiede una fedeltà che stacca i suoi discepoli da "questa generazione" ed è la condizione della salvezza. "Ci sono alcuni dei presenti che non morranno": è una predizione dell'instaurazione certa e imminente del dominio di Dio sulla terra.

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