13 marzo 2010

14 MARZO 2010
IV Domenica di Quaresima – S. Giovanni Climaco, scrittore della Scala – S. Benedetto

TROPARI

Della Domenica: Ex ìpsus katìlthes o Efsplachnos, tafìn katedhèxo triìmeron, ìna imàs elefthèrosis ton pathòn: I zoì ke i Anàstasis imòn, Kìrie, dhòxa si.

Del Santo: Tes ton dhakrìon su roès, tis erìmu to àgonon egheòrghisas, ke tis ek vàthus stenagmìs, is ekatòn tus pònus ekarpofòrisas, ke ghègonas fostìr, ti ikumèni làmbon tis thàvmasin, Ioànni Pàter imòn òsie. Prèsveve Christò to Thèo, sothìne tas psichàs imòn.

Della titolare della Parrocchia: En ti ghennìsi tin parthenìan efìlaxas, en ti kimìsi ton kòsmon u katèlipes, Theotòke. Metèstis pros tin zoìn, Mìtir ipàrchusa tis zoìs ke tes presvìes tes ses litrumèni ek thanàtu tas psichàs imòn.

Kontàkion: Ti ipermàcho stratigò ta nikitìria, os litrothìsa, ton dhinòn evcharistìria, anagràfo si i pòlis su, Theotòke. All’òs èchusa to kràtos aprosmàchiton, ek pandìon me kindhìnon eleftèroson, ìna kràzo si: Chère, Nimfi anìmfevte.

EPISTOLA (6,13-20)

Fratelli, quando Dio fece la promessa ad Abramo, non potendo giurare per uno superiore a sé, giurò per se stesso, dicendo: Ti benedirò e ti moltiplicherò molto. Così, avendo perseverato, Abramo conseguì la promessa. Gli uomini infatti giurano per qualcuno maggiore di loro e per loro il giuramento è una garanzia che pone fine ad ogni controversia. Perciò Dio, volendo mostrare più chiaramente agli eredi della promessa l’irrevocabilità della sua decisione, intervenne con un giuramento perché grazie a due atti irrevocabili, nei quali è impossibile che Dio mentisca, noi che abbiamo cercato rifugio in lui avessimo un grande incoraggiamento nell’afferrarci saldamente alla speranza che ci è posta davanti. In essa infatti noi abbiamo come un’àncora della nostra vita, sicura e salda, la quale penetra fin nell’interno del velo del santuario, dove Gesù è entrato per noi come precursore, essendo divenuto sommo sacerdote per sempre alla maniera di Melchìsedek.

VANGELO (Mc. 9,17-31)

In quel tempo, un uomo si accostò a Gesù, si prostrò davanti a lui e disse: “Maestro, ho portato da te mio figlio, posseduto da uno spirito muto. Quando lo afferra, lo getta al suolo ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce. Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti”. Egli allora in risposta, disse loro: “O generazione incredula! Fino a quando starò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo da me”. E glielo portarono. Alla vista di Gesù lo spirito scosse con convulsioni il ragazzo ed egli, caduto a terra, si rotolava spumando. Gesù interrogò il padre: “Da quanto tempo gli accade questo?”. Ed egli rispose: “Dall’infanzia; anzi, spesso lo ha buttato nell’acqua e nel fuoco per ucciderlo. Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci”. Gesù gli disse: “Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede”. Il padre del fanciullo rispose ad alta voce: “Credo, aiutami nella mia incredulità”. Allora Gesù, vedendo accorrere la folla, minacciò lo spirito immondo dicendo: “Spirito muto e sordo, io te l’ordino, esci da lui e non vi rientrare più”. E gridando e scuotendolo fortemente, se ne uscì. E il fanciullo diventò come morto, sicché molti dicevano: “È morto”. Ma Gesù, presolo per mano, lo sollevò ed egli si alzò in piedi. Entrò poi in una casa e i discepoli gli chiesero in privato: “Perché noi non abbiamo potuto scacciarlo?”. Ed egli disse loro: “Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera”. Partiti di là, attraversarono la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Istruiva infatti i suoi discepoli e diceva loro: “Il Figlio dell’uomo sta per esser consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma una volta ucciso, dopo tre giorni, risusciterà”.

MEGALINARIO

Epì si chèri, kecharitomèni, pàsa i ktìsis, anghèlon to sìstima ke anthròpon to ghènos, ighiasmène naè ke paràdhise loghikè, parthenikòn kàvchima, ex is Theòs esarkòthi ke pedhìon ghègonen o pro eònon ipàrchon Thèos imòn. Tin gar sin mìtran thrònon epìise ke tin sin gastèra platitèran uranòn apirgàsato. Epì si chèri, kecharitomèni, pàsa i ktìsis. Dhoxa si.

MEGALINARIO DI SAN BASILIO IL GRANDE

Tòn uranonfàndora tu Christù, mìstin tu Dhèspotu tòn fostìra tòn fainòn tòn ek Kesarìas ke Kappadhòkon chòras, Vasìlion ton mègan, pàndes imnìsomen.

OPISTHAMVONOS

Sei tu, o Cristo Dio nostro, che sostieni i caduti e sollevi i depressi, tu che senza distaccarti dal seno paterno hai preso carne dalla Santa Vergine Maria, sei venuto in questo mondo per rialzare la nostra natura che cacciata dal Paradiso cadde nelle mani degli uccisori delle anime, e spogliata della sua incorruttibilità venne da essi mortalmente ferita. Tu ne hai preso cura, o Signore, e l’hai riportata alla sua patria antica: ebbene guarisci ora le nostre invisibili ferite e raffrena le nostre basse passioni con il Sangue tuo prezioso sparso per noi e col Santo Crisma su di noi versato; ma liberaci anche dagli assalti che continuamente ci vengono dagli invisibili nemici maligni che si studiano di scuotere la fede e la speranza che noi abbiamo in te, e che soprattutto vogliono spogliarci della tua grazia. Non ci privare del tuo misericordioso e salutare rifugio, affinché noi in esso guariti e purificati da qualsiasi macchia possiamo meritare di far parte dei primogeniti iscritti alla Chiesa del cielo poiché sei tu, o Signore, il medico delle malattie visibili e invisibili. Ora tu stesso combatti col piissimo Sovrano poiché sei Dio e Salvatore nostro e noi rendiamo gloria a te, Padre, Figlio e Spirito Santo, ora e sempre, e nei secoli dei secoli.

Commento al Vangelo:
La struttura della narrazione mostra che non è l'episodio in sé che interessa l'evangelista, non è il miracolo, ma il dialogo - fra Gesù e il padre, fra Gesù e i discepoli - che percorre tutto il racconto. Sono le tre affermazioni di Gesù che interessano, e tutte e tre riguardano la fede. Ma il tema della fede è, a sua volta, incluso in un interesse più ampio: la formazione dei discepoli. Tutto, infatti, termina con un dialogo, in privato, fra Gesù e i suoi discepoli.
"Osservò una grande folla": a differenza dei molti miracoli riportati nella prima parte di Marco che avvengono in privato, i due miracoli della seconda parte sono operati davanti alle folle. Essi sono intesi come proclamazioni pubbliche del potere messianico di Gesù.
"Non hanno potuto": il termine greco potrebbe anche significare "non furono abbastanza forti". La fede è l'unica strada per vincere satana, scacciando il demonio Gesù mostrerà di essere il "più forte" che vince il demonio.
"Generazione incredula": questa esclamazione di Gesù appare fuori luogo in questo contesto, perché non è applicabile né alle folle, né ai discepoli, né al padre del ragazzo. Aggiunta originariamente allo scopo di porre in evidenza la trascendenza di Gesù in questa scena, essa mostra che senza la fede l'uomo è condannato al destino di questa generazione incredula.
"E glielo condussero": poiché suo padre l'aveva già portato a Gesù, probabilmente con questo versetto iniziava originariamente un'altra narrazione indipendente.
"Da quanto tempo è cominciato tutto ciò?": il dialogo di Gesù con il padre del ragazzo è suggerito più che da un desiderio d'informazione, da un desiderio di dar risalto all'estrema sofferenza dell'implorante.
"Come un cadavere": Marco interpreta l'esorcismo del ragazzo come un simbolo della risurrezione da morte. Si noti la terminologia di contrasto: "come un cadavere... è morto... lo sollevò ed egli si raddrizzò".
"Questa specie... si scaccia solo con la preghiera": siccome il demonio era sordo e muto, i discepoli non potevano ricorrere al solito sistema del dialogo al fine di cacciarlo. È richiesta una comunione più profonda con Dio.
A motivo del suo contenuto e del suo contesto esso ha un significato sia cristologico che catechetico: è un segno del trionfo di Gesù su Beelzebul e un invito alla fede in Gesù, il solo che può liberare l'uomo dal potere demoniaco.

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