20 marzo 2010

21 MARZO 2010
V Domenica di Quaresima – S. Maria egiziaca, penitente nella valle del Giordano – S. Giacomo il confessore, vescovo



TROPARI

Della Domenica: Tu lìthu sfraghisthèndos ipò tòn Iudhèon ke stratiotòn filassònton tòn achrandòn su sòma, anèstis triìmeros, Sotìr, dhorùmenos to kosmo tin zoìn; dhià tùto e dhinàmis tòn uranòn evòon si, Zoodhòta: Dhòxa ti anastàsi su, Christè; dhòxa ti vasilìa su; dhòxa tì ikonomìa su, mòne filànthrope.

Della Santa: En si, Mìter, akrivòs dhiesòthi to kat’ikòna lavùsa gar ton stavròn, ikolùthisas to Christò, ke pràttusa edhidaskes, iperoràn men sarkòs, parèrchete gar epimelìsthe dhe psichìs, pràgmatos athanàtu dhiò ke metà Anghèlon sinagàllete, osìa Marìa, to pnèvma su.

Della titolare della Parrocchia: En ti ghennìsi tin parthenìan efìlaxas, en ti kimìsi ton kòsmon u katèlipes, Theotòke. Metèstis pros tin zoìn, Mìtir ipàrchusa tis zoìs ke tes presvìes tes ses litrumèni ek thanàtu tas psichàs imòn.

Kontàkion: Ti ipermàcho stratigò ta nikitìria, os litrothìsa, ton dhinòn evcharistìria, anagràfo si i pòlis su, Theotòke. All’òs èchusa to kràtos aprosmàchiton, ek pandìon me kindhìnon eleftèroson, ìna kràzo si: Chère, Nimfi anìmfevte.

EPISTOLA (Eb. 9,11-14)

Fratelli, Cristo venuto come sommo sacerdote di beni futuri, attraverso una Tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano di uomo, cioè non appartenente a questa creazione, non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue entrò una volta per sempre nel santuario, procurandoci così una redenzione eterna. Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsi su quelli che sono contaminati, li santificano, purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo, che con uno Spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte, per servire il Dio vivente?

VANGELO (Mc. 10,32-45)

In quel tempo, Gesù prendendo in disparte i suoi Discepoli, cominciò a dir loro quello che gli sarebbe accaduto: “Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi: lo condanneranno a morte, lo consegneranno ai pagani, lo scherniranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno; ma dopo tre giorni risusciterà”. E gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: “Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo”. Egli disse loro: “Cosa volete che io faccia per voi?”. Gli risposero: “Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra”. Gesù disse loro: “Voi non sapete ciò che domandate. Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?”. Gli risposero: “Lo possiamo”. E Gesù disse: “Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato”. All’udire questo, gli altri dieci si sdegnarono con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù, chiamatili a sé, disse loro: “Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”.

MEGALINARIO

Epì si chèri, kecharitomèni, pàsa i ktìsis, anghèlon to sìstima ke anthròpon to ghènos, ighiasmène naè ke paràdhise loghikè, parthenikòn kàvchima, ex is Theòs esarkòthi ke pedhìon ghègonen o pro eònon ipàrchon Thèos imòn. Tin gar sin mìtran thrònon epìise ke tin sin gastèra platitèran uranòn apirgàsato. Epì si chèri, kecharitomèni, pàsa i ktìsis. Dhoxa si.

MEGALINARIO DI SAN BASILIO IL GRANDE

Tòn uranonfàndora tu Christù, mìstin tu Dhèspotu tòn fostìra tòn fainòn tòn ek Kesarìas ke Kappadhòkon chòras, Vasìlion ton mègan, pàndes imnìsomen.

OPISTHAMVONOS

O Cristo Dio nostro, sei tu che con sapienza e potenza distribuisci le ricchezze e le togli, tu che per noi ti sei fatto povero al fine di arricchirci della tua povertà. Sii tu pure, o Signore, a versare i tesori delle tue misericordie su noi peccatori che privi dei tuoi beni abbiamo bisogno della tua clemenza, poiché ricchi solo di peccati devi liberarci da ogni malvagità, per rivestirci di ogni virtù, avendo bisogno di opere buone. Signore, liberaci dalla terribile condanna inflitta al ricco che non ebbe compassione per Lazzaro, e facci partecipi dell’eterno riposo del povero Lazzaro con Abramo; né ci sia di condanna la porpora spirituale di cui ci rivestisti e da noi deturpata, quella porpora che è la santificazione del tuo Sangue e il mistico bisso che è lo splendore da te donatoci col Battesimo; rendici degni di risplendere col dominio delle passioni e con la purezza della vita quasi indumenti sacri e regali con cui meritare il regno eterno. Signore, tu sei misericordioso e glorioso col Padre e con lo Spirito Santo, ora e sempre e nei secoli dei secoli.

Commento al Vangelo:
"Gesù cammina innanzi a loro": i rabbini erano soliti precedere i loro discepoli; qui però si vuole indicare l'impazienza di Gesù di "salire a Gerusalemme" e attuare il suo destino messianico.
"Essi erano turbati": il loro stupore e la loro paura sono meglio spiegati da quanto segue.
"Il Figlio dell'uomo sarà dato in mano...": la predizione attinge chiaramente al racconto della passione. Come nelle due precedenti predizioni si nota qui un tono anti-giudaico, e i gentili sono presentati quali meri esecutori di una sentenza di morte decisa dai sommi sacerdoti e dagli scribi.
Partendo dall'interrogativo dei figli di Zebedeo, Gesù riprende il discorso della Croce precisandone il significato. Il tema della Croce non è certo nuovo in Marco, ma nuovo è il contesto in cui avviene (vi è un chiaro riferimento all'autorità e al suo esercizio) e nuovo è il termine "riscatto".
Per avviarci a comprendere l'originalità della concezione cristiana dell'autorità, Cristo si serve di due paragoni, uno negativo e l'altro positivo. Non concepire l'autorità - dice Gesù - e non esercitarla al modo dei principi di questo mondo: nella misura in cui i modi coi quali esercitate la vostra autorità assomigliano a quelli delle altre autorità, insospettitevi. Ispiratevi, invece, all'esempio del Figlio dell'uomo che viene a servire, non ad essere servito. Dunque l'autorità deve concepirsi come il luogo in cui la logica della Croce si fa più chiara, emergente, ed è proprio in questa emergenza che l'autorità trova la sua giustificazione.
Il termine "riscatto" rievoca un contesto giuridico che tutti conosciamo: quando un uomo cade in schiavitù e non può pagare il riscatto, tocca al suo parente più prossimo pagare al suo posto. È quanto ha fatto Jahwè nei confronti di Israele. Ciò che è in primo piano non è l'esigenza di giustizia, una giustizia che comunque deve essere fatta, anche a costo che sia un altro a pagare. In primo piano è la "solidarietà": il parente non deve prendere le distanze, ma sentirsi coinvolto e solidale al punto da sostituirsi. Ecco la logica della Croce: l'ostinata solidarietà, imitazione e prolungamento dell'alleanza di Dio rivelatasi a noi in Gesù Cristo. È questa la sequela che tutti devono vivere e l'autorità che tutti devono esercitare.
"Concedici di sedere": la richiesta si rifà alla promessa di Gesù dei 12 troni; qui si tratta di occupare o meno i posti d'onore.
"Potete bere il calice?": qui è una figura della morte di Gesù come qualcosa che i due fratelli devono condividere.
"Non sta a me concederlo": Gesù può soltanto indicare la via che porta a questa gloria attraverso la sua morte; ma soltanto Dio può concederla, perlomeno fino a quando Gesù abbia ricevuto la pienezza della sua autorità messianica attraverso la sua risurrezione.
I discepoli dovranno capovolgere il comportamento abituale di coloro che sono in autorità e che governano con la forza, la loro nuova norma di condotta - essere servi di tutti - è resa possibile dalla stessa missione di servizio di Gesù.
"Il Figlio dell'uomo è venuto per servire": l'uso del titolo "Figlio dell'uomo", che denota l'autorità di Gesù, accentua il paradosso della sua volontaria sottomissione.
"Per dare la vita in riscatto": questa frase, modellata su Is. 53,10-12 specifica il senso del servizio di Gesù come una morte espiatrice per tutti gli uomini. La rarità con la quale Gesù descrive la sua missione nei termini di Is. 53, e il fatto che questi testi si trovano unicamente nella fonte marciana, ha indotto Jeremias a supporre che Gesù abbia confidato la sua rivelazione soltanto ai suoi discepoli più intimi.

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