22 maggio 2010

23 MAGGIO 2010
DOMENICA DELLA SANTA PENTECOSTE



PRIMA ANTIFONA

I uranì dhiìgunde dhòxan Theù, pìisin dhe chiròn aftù ananghèli to sterèoma.

SECONDA ANTIFONA

Epakùse su Kìrios en imèra thlìpseos, iperaspìse su to ònoma tu Theù Iakòv.

Sòson imàs, Paràklite agathè, psàllondàs si. Alliluia.

TERZA ANTIFONA

Kìrie, en ti dhinàmi su evfranthìsete o Vasilèvs, ke epì to sotirìo su agalliàsete sfòdhra.

Evloghitòs i, Christè o Theòs imòn, o pansòfus tus aliìs anadhìxas, katapèmpsas aftìs to Pnèvma to Aghion, ke dhi’aftòn tin ikumènin saghinèvsas; Filànthrope, dhòxa si.

ISODHIKON

Ipsòthiti Kìrie en ti dhinàmi su; àsome ke psalùmen tas dhinastìas su.

Sòson imàs, Paràklite agathè, psàllondàs si: Allilùia.

TROPARI

Evloghitòs i, Christè…

Ote katavàs tas glòssas sinèchee, dhiemèrisen èthni, o Ipsistos; òte tu piròs tas glòssas dhièminen, is enòtita pàndas ekàlese; ke simfònos dhoxàzomen to panàghion Pnèvma.

TRISAGHION

Osi is Christòn evaptìsthite, Christòn enedhìsasthe. Allilùia.

EPISTOLA (Atti 2,1-11)

Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi. Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo. Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua. Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: “Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti, e abitanti della Mesopotàmia, della Giudea, della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio”.

VANGELO (Gv. 7,37-52.8,12)

Nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù levatosi in piedi esclamò ad alta voce: “Chi ha sete venga a me e beva. Chi crede in me, come dice la Scrittura, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno”. Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c’era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato. All’udire queste parole, alcuni fra la gente dicevano: “Questi è davvero il profeta!”. Altri dicevano: “Questi è il Cristo!”. Altri invece dicevano: “Il Cristo viene forse dalla Galilea? Non dice forse la Scrittura che il Cristo verrà dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide?”. E nacque dissenso tra la gente riguardo a lui. Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno gli mise le mani addosso. Le guardie tornarono quindi dai sommi sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: “Perché non lo avete condotto?”. Risposero le guardie: “Mai un uomo ha parlato come parla quest’uomo!”. Ma i farisei replicarono loro: “Forse vi siete lasciati ingannare anche voi? Forse gli ha creduto qualcuno fra i capi, o fra i farisei? Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!”. Disse allora Nicodèmo, uno di loro, che era venuto precedentemente da Gesù: “La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?”. Gli risposero: “Sei forse anche tu della Galilea? Studia e vedrai che non sorge profeta dalla Galilea”. Di nuovo Gesù parlò loro: “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita”.

MEGALINARIO

Mi tis fthoràs dhiapìra kioforìsasan, ke pantechnìmoni Lògo sàrka dhanìsasan, Mìter apìrandhre, Parthène Theotòke, dhochìon tu astèktu, chorìon tu apìru, Plasturgù su, se megalìnomen.

KINONIKON

To pnèvma su to agathòn odhighìsi me en ghi evthìa. Allilùia.

Al posto di “Idhomen to fòs…” e “Ii to ònoma…” si canta:

Evloghitòs i, Christè…

OPISTHAMVONOS

O tin sin anàvasin, metà to pàthos ke tin Anàstasin, is uranùs ikonomìsas us èklinas pros to dhi’imàs ek Parthènu sarkothìne ke katavàs, Christè, tin sin epanghelìan epì ghis themeliòsas ti tu Paraklìtu su Pnèvmatos epifitìsi epì tus ghiìnus su mathitàs; edhrèan dhi ke panaghìan en aftìs katamonìn ke dhi’aftòn is se pistèfsasi vevèa endhimìa, ke tis pikìlis aftù charìsmasi tin Ekklisìan ipostirìzon, mi andanèlis tin aftù chàrin af’imòn, os ipò tis amartìas vevilothèndon, allà nèkroson pan sarkikòn enipàrchon en imìn frònima, to kolìon tin en imìn aftù parusìan, pàsan ènnian, laliàn te ke pràxin lipùsan aftò apodhìoxon af’imòn, ke pan miaròn pàthos enochlùn ke skotinàs apotelùn imòn tas psichàs ti sterìsi tu fotòs aftù; pìison imàs katharà dhochìa tis aftù dhòxis, mimumènus to tis Siòn iperòon, plirothèn aftù tis lambròtitos; thrònus imàs anàdhixon tu noerù piròs aftù afomiumènus tis tin aparchìn aftù dhexamènis Apostòlis su; òpos, ip’aftù stirizòmeni, odhighithòmen is tin efthìan ghin tis athanàtu su ke makarìas epanghelìas; èntha pàndon effrenomènon i katikìa en si, ke dhiinekòs se dhoxazòndon; iperèndhoxos gar ipàrchis àma to sinanàrcho su Patrì, ke to sinaidhìo ke panaghìo ke agathò ke zoopiò su Pnèvmati, nin ke aì, ke is tus eònas ton eònon.

APOLISIS

O en ìdhi pirìnon glòssan uranòthen katapèmpsas to panàghion Pnèvma epì tus aghìus aftù Mathitàs ke Apostòlus, Christòs…

Commento al Vangelo:
Nel settimo e ultimo giorno della festa delle Capanne, al momento in cui i sacerdoti attingevano acqua alla fonte di Siloe e la portavano processionalmente al tempio, Gesù fa una solenne proclamazione pubblica, dichiarando di essere la vera sorgente di acqua viva a cui possono dissetarsi i credenti in lui, fondando le sue parole su passi biblici non specificati. L’evangelista aggiunge il suo commento alla luce della glorificazione pasquale e afferma che l’acqua viva effusa da Cristo è lo Spirito Santo. La folla reagisce continuando il dibattito sulla vera identità di Gesù: è il profeta per eccellenza o lo stesso Messia (“Cristo”)? C’è, però, una difficoltà di fondo: Gesù proviene dalla Galilea e non da Betlemme, la patria di Davide. Le autorità giudaiche non hanno esitazioni: Gesù è troppo pericoloso e deve essere arrestato. Ma le guardie rimangono anch’esse conquistate dalle parole di Gesù, suscitando un aspro rimprovero da parte dei loro mandanti. Ma ecco entrare di nuovo sulla ribalta Nicodemo, che protesta sul metodo repressivo seguito dai suoi colleghi. Essi gli replicano ritornando sulla questione delle origini del messia, che non può provenire dalla Galilea, come accade a Gesù.

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