26 giugno 2010

27 GIUGNO 2010
V Domenica di S. Matteo – S. Sansone l’ospedaliere – Giornata per la carità del Papa


TROPARI

Della Domenica: To fedhròn tis anastàseos kìrighma ek tu anghèlu mathùse e tu Kirìu mathìtrie, ke tin progonikìn apòfasin aporrìpsase tis Apostòlis kafchòmene èlegon: Eskìlefte o thànatos, ignèrthi Christòs o Thèos, dhorùmenos to kòsmo to mèga èleos.

Della titolare della Parrocchia: En ti ghennìsi tin parthenìan efìlaxas, en ti kimìsi ton kòsmon u katèlipes, Theotòke. Metèstis pros tin zoìn, Mìtir ipàrchusa tis zoìs ke tes presvìes tes ses litrumèni ek thanàtu tas psichàs imòn.

Kontàkion: Perivolìn pàsi pistìs aftharsìas, theocharìtote Aghnì, edhorìso, tin ieràn esthìta su, meth’is to ieròn sòma su eskèpasas, skèpi pàndon anthròpon; ìsper tin katàthesin eortàzomen pòtho, ke ekvoòmen fòvo si, semnì: chère Parthène, christianòn to kavchima.

EPISTOLA (Rom. 10,1-10)

Fratelli, il desiderio del mio cuore e la mia preghiera sale a Dio per la loro salvezza. Rendo infatti loro testimonianza che hanno zelo per Dio, ma non secondo una retta conoscenza; poiché, ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio. Ora, il termine della legge è Cristo, perché sia data la giustizia a chiunque crede. Mosè infatti descrive la giustizia che viene dalla legge così: L’uomo che la pratica vivrà per essa. Invece la giustizia che viene dalla fede parla così: Non dire nel tuo cuore: Chi salirà al cielo? Questo significa farne discendere Cristo; oppure: Chi discenderà nell’abisso? Questo significa far risalire Cristo dai morti. Che dice dunque? Vicino a te è la parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore: cioè la parola della fede che noi predichiamo. Poiché se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza.

VANGELO (Mt. 8,28-9,1)

In quel tempo, giunto Gesù nel paese dei Gadarèni, due indemoniati, uscendo dai sepolcri, gli vennero incontro; erano tanto furiosi che nessuno poteva più passare per quella strada. Cominciarono a gridare: “Che cosa abbiamo noi in comune con te, Figlio di Dio? Sei venuto qui prima del tempo a tormentarci?”. A qualche distanza da loro c’era una numerosa mandria di porci a pascolare; e i demòni presero a scongiurarlo dicendo: “Se ci scacci, mandaci in quella mandria”. Egli disse loro: “Andate!”. Ed essi, usciti dai corpi degli uomini, entrarono in quelli dei porci: ed ecco tutta la mandria si precipitò dal dirupo nel mare e perì nei flutti. I mandriani allora fuggirono ed entrati in città raccontarono ogni cosa e il fatto degli indemoniati. Tutta la città allora uscì incontro a Gesù e, vistolo, lo pregarono che si allontanasse dal loro territorio. Salito su una barca, Gesù passò all’altra riva e giunse nella sua città.

Commento al Vangelo:
Nel mondo antico, sia giudaico che pagano, la malattia mentale (o quelle malattie che presentavano delle caratteristiche ripugnanti o che rimanevano inspiegabili) più che quella fisica veniva attribuita al possesso demoniaco. Ciò che preme all’evangelista in questo e altri esorcismi compiuti da Gesù è di dirci che Lui libera gli uomini dalla paura dei demoni. I demoni non hanno alcun potere reale e sono immediatamente soggiogati da una sua parola. La potenza di Dio supera ogni altra potenza. Il racconto è un esempio di un miracolo che non riesce a suscitare la fede, e i vangeli non fanno alcun commento sulle ragioni del fallimento.

6a SETTIMANA DI SAN MATTEO

28 – L – Traslazione delle reliquie dei santi taumaturghi e anàrgiri Ciro e Giovanni
Rom. 16,17-23 Mt. 13,10-23

29 – M – SS. PIETRO E PAOLO, APOSTOLO E PRIMI CORIFEI
2Cor. 11,21-12,9 Mt, 16,13-19

30 – M – Sinassi dei santi e gloriosi 12 apostoli degni di ogni lode
1Cor. 4,9-16 Mt. 9,36-10,8

1 – G – Ss. Cosma e Damiano, anàrgiri e taumaturghi martirizzati a Roma
1Cor. 12,27-13,8 Mt. 10,1.5-8


2 – V – Deposizione alle Blacherne della preziosa veste della Ss. Madre di Dio
Eb. 9,1-7 Lc. 1,39-49.56

3 – S – S. Giacinto martire – S. Anatolio arcivescovo di Costantinopoli
Rom. 9,1-5 Mt. 9,18-26

19 giugno 2010

20 GIUGNO 2010
IV Domenica di S. Matteo – S. Metodio ieromartire, vescovo di Patara
TROPARI

Della domenica: Effrenèstho ta urània, agalìastho ta epìghia, òte epiìse kràtos en vrachìoni aftù o Kìrios; epàtise to thanàto ton thànaton, protòtokos ton nekròn eghèneto; ek kilìas Adhu errìsato imàs ke parèsche to kòsmo to mèga èleos.

Della titolare della Parrocchia: En ti ghennìsi tin parthenìan efìlaxas, en ti kimìsi ton kòsmon u katèlipes, Theotòke. Metèstis pros tin zoìn, Mìtir ipàrchusa tis zoìs ke tes presvìes tes ses litrumèni ek thanàtu tas psichàs imòn.

Kontàkion: Perivolìn pàsi pistìs aftharsìas, theocharìtote Aghnì, edhorìso, tin ieràn esthìta su, meth’is to ieròn sòma su eskèpasas, skèpi pàndon anthròpon; ìsper tin katàthesin eortàzomen pòtho, ke ekvoòmen fòvo si, semnì: chère Parthène, christianòn to kavchima.

EPISTOLA (Rom. 6,18-23)

Fratelli, liberati dal peccato, siete diventati servi della giustizia. Parlo con esempi umani, a causa della debolezza della vostra carne. Come avete messo le vostre membra a servizio dell’impurità e dell’iniquità a pro dell’iniquità, così ora mettete le vostre membra a servizio della giustizia per la vostra santificazione. Quando infatti eravate sotto la schiavitù del peccato, eravate liberi nei riguardi della giustizia. Ma quale frutto raccoglievate allora da cose di cui ora vi vergognate? Infatti il loro destino è la morte. Ora invece, liberati dal peccato e fatti servi di Dio, voi raccogliete il frutto che vi porta alla santificazione e come destino avete la vita eterna. Perché il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù nostro Signore.

VANGELO (Mt. 8,5-13)

In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava: “Signore, il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente”. Gesù gli rispose: “Io verrò e lo curerò”. Ma il centurione riprese: “Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Perché anch’io, che sono un subalterno, ho soldati sotto di me e dico a uno: Va’, ed egli va: e a un altro: Vieni, ed egli viene, e al mio servo: Fa’ questo, ed egli lo fa”. All’udire ciò, Gesù ne fu ammirato e disse a quelli che lo seguivano: “In verità vi dico, presso nessuno in Israele ho trovato una fede così grande. Ora vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori nelle tenebre, ove sarà pianto e stridore di denti”. E Gesù disse al centurione: “Va’, e sia fatto secondo la tua fede”. In quell’istante il servo guarì.

Commento al Vangelo:
Il contenuto e l’insegnamento dell’episodio sono molteplici e profondi. Per due volte il centurione si rivolge a Gesù chiamandolo Signore. La scena del centurione è come un preludio della missione o dell’annunzio del vangelo ai pagani. Gesù approfitta dell’occasione per parlare del trasferimento del regno che dai giudei passerà ai gentili. Il popolo di Dio si costruisce sulla fede. Per l’evangelista, quindi, l’episodio è il segno di un’attesa di Dio più viva nel mondo pagano che nello stesso Israele. È una lezione che Gesù stesso si incarica di esplicitare: “In verità vi dico, non ho trovato tanta fede in Israele”. La fede, ad ogni modo, non si trova sempre dove te l’aspetti, non coincide con gli ambiti istituzionali.

5a SETTIMANA DI SAN MATTEO

21 – L – S. Giuliano di Tarso, martire
Rom. 12,4-5.15-21 Mt. 12,9-13

22 – M – S. Eusebio ieromartire, vescovo di Samosata
Rom. 14,9-18 Mt. 12,14-16.22-30

23 – M – S. Agrippina martire
Rom. 15,7-16 Mt. 12,38-45

24 – G – Natività del venerabile e glorioso profeta, precursore e battista Giovanni
Rom. 13,11-14,4 Lc. 1,1-25.57-68.76.80

25 – V – S. Febronia martire
Rom. 16,1-16 Mt. 13,3b-9

26 – S – S. Davide di Tessalonica
Rom. 8,14-21 Mt. 9,9-13

12 giugno 2010

13 GIUGNO 2010
III Domenica di S. Matteo – S. Aquilina martire – S. Trifillio, vescovo di Leucosia di Cipro

TROPARI

Della Domenica: Ote katìlthes pros ton thànaton, i zoì athànatos, tòte ton àdhin enèkrosas ti astrapì tis Theòtitos; òte dhe ke tus tethneòtas ek ton katachtonìon anèstisas, pàse e dhinàmis ton epuranìon ekràvgazon: Zoodhòta Christè, o Theòs imòn, dhòxa si.

Della titolare della Parrocchia: En ti ghennìsi tin parthenìan efìlaxas, en ti kimìsi ton kòsmon u katèlipes, Theotòke. Metèstis pros tin zoìn, Mìtir ipàrchusa tis zoìs ke tes presvìes tes ses litrumèni ek thanàtu tas psichàs imòn.

Kontàkion: Perivolìn pàsi pistìs aftharsìas, theocharìtote Aghnì, edhorìso, tin ieràn esthìta su, meth’is to ieròn sòma su eskèpasas, skèpi pàndon anthròpon; ìsper tin katàthesin eortàzomen pòtho, ke ekvoòmen fòvo si, semnì: chère Parthène, christianòn to kavchima.

EPISTOLA (Rom. 5,1-10)

Fratelli, giustificati per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo; per suo mezzo abbiamo anche ottenuto, mediante la fede, di accedere a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo anche nella speranza della gloria di Dio. E non soltanto questo: noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi nel tempo stabilito. Ora, a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto; forse ci può essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita.

VANGELO (Mt. 6,22-33)

Disse il Signore: “La lucerna del corpo è l’occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce; ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra! Nessuno può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro, o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro: non potete servire a Dio e a mammona. Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? E perchè vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta”.

4a SETTIMANA DI SAN MATTEO

14 – L – S. Eliseo profeta – S. Metodio il confessore, arcivescovo di Costantinopoli
Rom. 9,18-33 Mt. 11,2-15

15 – M – S. Amos profeta
Rom. 10,11-11,2a Mt. 11,16-20

16 – M – S. Ticone taumaturgo, vescovo di Amato di Cipro
Rom. 11,2-12 Mt. 11,20-26

17 – G – Ss. Manuele, Sabele e Ismaele, martiri
Rom. 11,13-24 Mt. 11,27-30

18 – V – S. Leonzio martire
Rom. 11,25-36 Mt. 12,1-8

19 – S – S. Giuda apostolo
Giuda 1,1-25 Gv. 14,21-24

Commento al Vangelo:
Matteo sembra concentrarsi su un interrogativo: come deve comportarsi il discepolo nei confronti dei beni del mondo? La risposta di Gesù è quanto mai lucida e attuale: il discepolo non deve cadere nella tentazione dell’affanno, dell’ansia, come se tutto dipendesse da sé stesso: “Non vi affannate per la vostra vita”. Al discepolo è richiesta la fiducia nell’amore del Padre. Questo non sottrae all’impegno, ma lo rende più sereno. L’ansia è l’atteggiamento dei pagani (“di tutto ciò si preoccupano i pagani”). Lavorare, ma non affannosamente: il cristiano è un uomo libero dall’angoscia del domani. Per essere veramente sereno il discepolo deve sapere che i beni del Regno sono al primo posto (“cercate anzitutto il Regno e la sua giustizia”). Ciò significa, ad esempio, che il benessere che andiamo cercando e nel quale poniamo fiducia deve essere “un benessere globale”: deve comprendere tutte le dimensioni dell’uomo e la ragione ultima del nostro vero benessere è Dio e il suo amore. Dunque, Matteo non invita solo alla serenità, ma anche a orientarsi diversamente nella vita: non più certi beni al primo posto, ma altri. Finché certi beni (i nostri idoli) rappresentano i valori supremi, l’ansia è inevitabile. Il mondo inganna e seduce: ci convince che solo nel possesso c’è sicurezza e gioia. E così ci rende schiavi, disposti a servirlo, e ci spoglia della nostra vera umanità, e ci ruba lo spazio della libertà. Sta in questa stoltezza l’origine dell’ansia, nella convinzione cioè che questi beni, siano gli unici importanti e che l’uomo trovi la sicurezza nell’accumulare sempre di più per se stesso. È una stoltezza che rende ciechi: l’ansia di possedere disorienta e appesantisce il cuore, e soprattutto delude. Matteo parla di beni che vengono distrutti dalle tarme e dalla ruggine, e che i ladri rubano. E alla luce di tutto questo possiamo ora comprendere tutta la profonda verità dell’affermazione: “Non potete servire a due padroni: a Dio e al denaro”. L’attaccamento al denaro è idolatria: l’uomo, cioè, non sentendosi sicuro all’ombra della promessa di Dio, pone la propria sicurezza nel denaro, illudendosi poi di avere la fede perché offre al Signore le briciole delle proprie ingiuste ricchezze. Ma questo peccato di idolatria non è soltanto contro Dio, ma ancor prima è contro l’uomo: è affanno, divisione e schiavitù. Le parole di Gesù non si limitano a invitare alla serenità, e neppure si accontentano di disincantare l’uomo, liberandolo dal fascino illusorio del possesso, ma indicano la vera via della liberazione: “Ammassate tesori in cielo, dove né tignola né ruggine distruggono e dove i ladri non rubano”. L’importante è capire che i tesori nel cielo, non sono i “meriti”, ma la carità. È appunto questo di cui ci parla Matteo: “Tutto quello che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro”.

5 giugno 2010

06 GIUGNO 2010
II Domenica di S. Matteo – S. Bessarione il taumaturgo – S. Ilarione il giovane, igumeno del monastero di Dalmazio

TROPARI

Della Domenica: Tu lìthu sfraghisthèndos ipò tòn Iudhèon ke stratiotòn filassònton tòn achrandòn su soma, anèstis triìmeros, Sotìr, dhorùmenos to kosmo tin zoìn; dhià tùto e dhinàmis tòn uranòn evòon si, Zoodhòta: Dhòxa ti anastàsi su, Christè; dhòxa ti vasilìa su; dhòxa tì ikonomìa su, mòne filànthrope.

Della titolare della Parrocchia: En ti ghennìsi tin parthenìan efìlaxas, en ti kimìsi ton kòsmon u katèlipes, Theotòke. Metèstis pros tin zoìn, Mìtir ipàrchusa tis zoìs ke tes presvìes tes ses litrumèni ek thanàtu tas psichàs imòn.

Kontàkion: Tin en presvìes akìmiton Theotòkon ke prostasìes ametàtheton elpìdha, tàfos ke nèkrosis uk ekràtisen; os gar zoìs Mitèra pros tin zoìn metèstisen o mìtran ikìsas aipàrthenon.

EPISTOLA (Rom. 2,10-16)

Fratelli, gloria e onore e pace per chi opera il bene, per il Giudeo prima e poi per il Greco, perché presso Dio non c’è parzialità. Tutti quelli che hanno peccato senza la legge, periranno anche senza la legge; quanti invece hanno peccato sotto la legge, saranno giudicati con la legge. Perché non coloro che ascoltano la legge sono giusti davanti a Dio, ma quelli che mettono in pratica la legge saranno giustificati. Quando i pagani, che non hanno la legge, per natura agiscono secondo la legge, essi, pur non avendo legge, sono legge a se stessi; essi dimostrano che quanto la legge esige è scritto nei loro cuori come risulta dalla testimonianza della loro coscienza e dai loro stessi ragionamenti, che ora li accusano ora li difendono. Così avverrà nel giorno in cui Dio giudicherà i segreti degli uomini per mezzo di Gesù Cristo, secondo il mio vangelo.

VANGELO (Mt. 4,18-23)

In quel tempo mentre Gesù camminava lungo il mare di Galilea vide due fratelli, Simone chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori. E disse loro: “Seguitemi, vi farò pescatori di uomini”. Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello, che nella barca insieme con Zebedèo, loro padre, riassettavano le reti; e li chiamò. Ed essi subito, lasciata la barca e il padre, lo seguirono. Gesù andava attorno per tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe e predicando la buona novella del regno e curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.

3a SETTIMANA DI SAN MATTEO

7 – L – S. Teodoto di Ancira, ieromartire
Rom. 7,1-13 Mt. 9,36-10,8

8 – M – Traslazione delle reliquie del santo megalomartire Teodoro Stratilata
Rom. 7,14-8,2 Mt. 10,9-15

9 – M – S. Cirillo, arcivescovo di Alessandria
Eb. 7,26-8,2 Mt. 5,14-19

10 – G – Ss. Alessandro e Antonina, martiri – S. Timoteo ieromartire, vescovo di Prusa
Rom. 8,22-27 Mt. 10,23-31

11 – V – Ss. Bartolomeo e Barnaba, apostoli
Giornata Mondiale per la Santificazione Sacerdotale
Atti 11,19-30 Lc. 10,16-21

12 – S – Ss. Onofrio e Pietro dell’Athos
Rom. 3,28-4,3 Mt. 7,24-8,4

Commento al Vangelo:
Sulle rive del “mare di Galilea” (il lago) Gesù incontra e chiama i primi discepoli. Sono una coppia di fratelli, tutti pescatori (Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni) intenti al loro lavoro. L’appello di Dio raggiunge gli uomini nel loro ambiente ordinario, nel loro posto di lavoro. Nessuna cornice “sacra” per la chiamata dei primi discepoli, ma lo scenario del lago e lo sfondo della dura vita quotidiana. Nel racconto emergono due tratti: la condivisione (il discepolo è chiamato a condividere la via del Maestro: “Seguimi”) e il distacco (drastico e immediato: “e subito lasciarono le reti”). Nessun indugio per il discepolo di Gesù e nessun rito di addio, ma “subito”. Ma i tratti essenziali – che già definiscono compiutamente la figura del discepolo (il resto del Vangelo non farà altro che precisarla) – sono quattro.
Primo: la centralità di Gesù. Sua è l’iniziativa (vide, disse loro, li chiamò): non è l’uomo che si proclama autonomamente discepolo, ma è Gesù che trasforma l’uomo in un discepolo. E ancora: il discepolo non è chiamato a impossessarsi di una dottrina, ma a solidarizzare con una persona (“seguitemi”). Al primo posto l’attaccamento alla persona di Gesù, tanto è vero che il discepolo evangelico non intraprende un tirocinio per divenire a sua volta un maestro: egli rimane sempre un discepolo, perché uno solo è il Maestro.
Secondo: la sequela di Gesù esige un profondo distacco. La chiamata di Pietro e Andrea e la chiamata di Giacomo e Giovanni sono costruite secondo la medesima struttura e sostanzialmente secondo lo stesso vocabolario. C’è però una differenza non trascurabile: nel primo racconto si dice che lasciarono “le reti” e nel secondo che lasciarono “la barca e il padre”. C’è dunque un crescendo: dal mestiere alla famiglia. Il mestiere rappresenta la sicurezza e l’identità sociale. Il padre rappresenta le proprie radici.
Terzo: la sequela è un cammino. A partire dall’appello di Gesù, essa si esprime con due movimenti (lasciare e seguire) che indicano uno spostamento del centro della vita. L’appello di Gesù non colloca il discepolo in un luogo, ma lo pone in cammino.
Quarto: la sequela è missione. Due sono le coordinate del discepolo: la comunione con Cristo (“seguitemi”) e la corsa verso il mondo (“vi farò pescatori di uomini”). La seconda nasce dalla prima. Gesù non colloca i suoi discepoli in uno spazio separato dagli altri, ma li incammina sulle strade degli uomini.